Editoriale

Darsana, in Sanscrito, significa “punto di vista”. In senso stretto riguarda le interpretazioni dei Veda, i sacri libri indiani. Le diverse “vedute” hanno originato vari “sistemi di pensiero”: Samkhya, Yoga, Vaisesika, Nyaya, Purva-mimamsa, Vedanta, solo per citare le Scuole orientali ortodosse (per semplificazione tipografica, scrivo le parole sanscrite con il nostro alfabeto, evitando i caratteri fonetici). Definirle filosofie, o religioni, si avvicina più al nostro pensiero occidentale, ma non le rispetterebbe. I “punti di vista” non si contraddicono, anche se così potrebbe sembrare al profano, ma si completano a vicenda: formano le “verità”.

Nessuna riveste un valore assoluto, unico e intransigente, eppure ognuna è una verità, anche se questo concetto è difficile da comprendere: forse possiamo accettare meglio l’idea che ognuna rappresenti una prospettiva, una visione differente di una medesima realtà.

In senso lato, i darsana sono le caleidoscopiche “verità” di ognuno di noi, gli innumerevoli “punti di vista”. Anche in questo caso, nessuno possiede la verità assoluta, ma ciascuno contribuisce alla conoscenza, all’acquisizione di maggiore consapevolezza. E’ come se ognuno avesse una tessera di un immenso puzzle: tutte diverse, ma tutte facenti parte di un unico disegno.

Non vorrei fare un paragone inappropriato, ma anche gli articoli della nostra rivista andrebbero assimilati come punti di vista. E per rimarcare tale scopo, ho adottato anche l’abitudine, quando me ne capita l’occasione, di pubblicare due (o più) articoli di autori diversi, nello stesso numero del periodico, sul medesimo argomento, magari con esposizioni diverse tra loro.

Ovviamente, come per i darsana, non esiste l’intransigenza di una opinione che esclude l’altra. E anche il lettore potrà condividere o dissentire, perché anch’egli avrà il suo punto di vista.

Inoltre non penso di peccare di presunzione affermando che Lettere e Scritti si discosta molto dalla consueta editoria, affrontando temi difficilmente proposti da altre fonti, perlomeno della carta stampata. E per fare questo non ci tiriamo indietro neppure di fronte ad argomenti che definirli insoliti appare riduttivo.

Certamente, ogni nostro Autore è personalmente responsabile delle proprie affermazioni. Ma nessuno di essi, ne sono certo e voglio rimarcarlo, vuole proporsi come detentore della verità: piuttosto ritengo che voglia porsi come un “suggeritore” di vari aspetti che travalicano la banalità del nostro quotidiano.

Stefano Beverini