Editoriale

E’ difficile rinnovare gli annuali auguri natalizi senza scivolare sul banale, evitando di riciclare frasi e concetti abusati. Il Natale è un po’ come una fiaba che ci rallegra, o almeno così dovrebbe essere, indipendentemente dalle nostre credenze o certezze religiose.

Le fiabe sono però perlopiù ormai dimenticate, spesso neppure ci ricordiamo di quelle narrateci da bambini. Oggi, credo che non vadano nemmeno di moda… Invece Arthur Conan Doyle ci insegna come sia possibile rincorrere le fiabe anche in tarda età: tre articoli di questo numero sono dedicati al grande romanziere e alle sue “fate”.

Ma il santo Natale, indipendentemente dalle nostre credenze o certezze religiose, come detto, è più di una favola. Molto di più. E non è la realtà storica che ci interessa, ma il suo significato profondo: l’incarnazione del divino.

Proprio un altro articolo di questo numero, dopo aver citato varie “incarnazioni divine” nella storia, si conclude con il concetto, che ho più volte espresso, dell’incarnarsi della divinità in noi.

Questo è il mistero che si manifesta con il simbolo della nascita del Dio come uomo: il giorno di Natale ci ricorda che può nascere, o meglio rinascere, il divino in noi.

Non voglio ripetere quanto ho già scritto in precedenti editoriali, ma l’augurio che mi sento di porgere è che il Natale sia una festa “dentro di noi”.

Che ognuno di noi possa riconoscere la sua essenza può grandiosa e più inascoltata, più nascosta, più sconosciuta…

Che ognuno di noi possa esprimere anche quel Qualcosa che trascende la nostra misera quotidianità, dando un senso alla nostra vita effimera.

L’insegnamento più profondo del Natale, perciò, è che possiamo acquisire la consapevolezza della manifestazione del divino, sia nel mondo, sia in noi stessi.

Se noi ci rendiamo conto di ciò, tutto assumerà un significato molto diverso. Non solo le piccole avversità, ma anche le cose più terribili, come le apocalittiche profezie che si possono leggere in questo numero, pur essendo immani tragedie, non potranno farci nulla, perché lo spirito non muore nei drammi del piano fisico.

Auguri!

Stefano Beverini