Editoriale

Più di una volta ho riversato nell’editoriale un tema di attualità, dalla notizia di cronaca a fatti di costume. Ma questa volta, l’unica cosa che mi viene in mente, impedendo alle idee di esprimersi, è l’analogia tra la mia mente e un piccolo computer dalla piccolissima memoria, saturo di informazioni. E per informazioni intendo tutto ciò che il mondo esterno comunica, propina, espande. Questa è la tragedia della società della comunicazione globale: troppi input, troppi stimoli, troppi riferimenti, troppi modelli… Il semplice atto di discernimento stanca, confonde, logora… Parlare di questo o di quello, annegare nei nostri morfondimenti, ma a che scopo?

Mi sovviene allora il pensiero di un Oriente, che forse non esiste più, dove non c’è distinzione tra filosofia, religione e scelte di vita: esse formano un tutt'uno, un concetto difficile da comprendere, piuttosto lontano dal nostro pensiero occidentale.

E mi sfiorano alcuni pensieri, proprio sulla religione, come fiammelle dalla tenue luce nel denso caos, incessante nel movimento confuso, rapido, ma oscuro, della comunicazione globale. Difficili da percepire.

Senza nulla togliere, o sminuire, le religioni dell'Occidente, prettamente dualistiche, in linea di massima si rivolgono verso una divinità esterna da adorare. Se ben comprese, possono essere di grande conforto e crescita interiore.

Ma dove trovo ossigeno per lo spirito, più rarefatto ma puro, è nell'induismo in genere, dove si cerca di destare il divino celato nell’interiorità umana, dove l'unione con il Dio personale è solo una “tappa” di un percorso: la meta finale è la realizzazione d'identità con l'Assoluto, il Divino impersonale.

Il cammino verso Brahman non è esteriore, ma intimo, attraverso l' “intuizione” dell'Atman (il “divino in noi”), che riconosce la propria identità con il Brahman Nirguna (l'Assoluto senza attributi).

Il Nirguna equivale dunque a Turiya, la suprema Coscienza non duale, e al Vuoto (Sunya) del Buddhismo.

L'Atman coincide dunque con Brahman, e cioè, sintetizzato nella nota frase “Tat tvam Asi”, tratta dalla Chandogya Upanisad: “Tu sei Quello!”; è un'identità eterna e non inserita nel flusso del divenire.

Solo il supremo Brahman è reale, e noi “siamo Quello”, e pertanto siamo altrettanto reali, pur vivendo nell'illusorietà della manifestazione. E, soprattutto, pur vivendo nella grande confusione, fuori e dentro di noi…

Stefano Beverini