Editoriale

Siddharta, di Hermann Hesse: l'avvincente parabola narrativa, per i lettori affascinati dal mito dell'Oriente, che si può considerare un "cult", anche se l’apice di gradimento per le traduzioni italiane dei romanzi di Hesse risale ormai a molti anni fa.

Dal romanzo Siddharta emergono significati profondi, che affondano le proprie radici nelle concezioni filosofiche indiane, e che trovano conferma anche nei migliori messaggi medianici.

Govinda si sforzava di pensare l'abolizione del tempo, di immaginare nirvana e samsara come una cosa sola. Allora non vide più il volto del suo amico Siddharta. Vedeva invece una lunga fila, un fiume di volti, centinaia, migliaia, che tutti venivano e passavano, ma pure apparivano anche tutti insieme, e tutti si mutavano e si rinnovavano continuamente, eppure erano tutti Siddharta.

In queste suggestive parole di Hesse traspare il concetto di Eterno Presente: che annulla il tempo e il conseguente movimento verso l'Assoluto, attraverso il samsara (o catena delle rinascite).

La successione temporale appare quindi una illusoria percezione soggettiva. Ma, soprattutto, ingannevole si configura l'idea di separatività tra gli esseri che costituiscono la molteplicità dell'Uno. Ne discendono, sempre nel relativo, e quindi anch'essi illusori rispetto all'Eterno Presente, i concetti di karma collettivo e di fusione delle “anime gruppo” superiori.

Possiamo ravvisare un'attinenza con il concetto di aggregazione delle anime, appena menzionato, e i protagonisti di un ipotetico caso di reincarnazione collettiva: un gruppo di Catari vissuti nel Medioevo, in Languedoc, e rivissuti in Inghilterra, nel ventesimo secolo. Ne parleremo in questo numero della rivista. Riprendo, a questo proposito, un breve mio studio sul tema, che qualcuno ha riportato su internet e in merito al quale ho ricevuto una lettera che pubblichiamo.

I Catari, definiti setta eretica, erano i sostenitori di alcuni concetti cristiani ma non prettamente cattolici, che avevano le radici sulla dualità tra i principi di Bene e di Male. Dio domina lo spirito e Satana la materia. Anzi, addirittura il mondo, nella sua imperfezione, sarebbe stato creato proprio dal Diavolo nella sua “caduta”. Un po’ come il concetto, abbastanza simile, espresso da Pietro Ubaldi della dualità tra Sistema e Antisistema, nel suo libro da noi pubblicato.

Ma questa sintesi è riduttiva e non da giustizia al pensiero dei Catari, che riteneva la reincarnazione una necessità per ottenere la purificazione attraverso varie esistenze, e soprattutto vedevano in Cristo non tanto Colui che ha espiato i peccati del mondo, ma Colui che ha reso consapevole l’uomo della natura divina della sua anima. Vedevano in lui il vero crogiuolo alchemico.

Non voglio, però, parlare dei Catari in senso storico e filosofico; penso di non averne la competenza, e ritengo anche che non sia questa la sede più idonea. Voglio invece narrare, come accennato, di un misterioso caso di reincarnazione collettiva…

Stefano Beverini