Editoriale

Tutti sogniamo. La differenza è nel ricordo, a tal punto che c’è chi asserisce di non sognare affatto, semplicemente perché non gli sovviene alcun ricordo dei sogni fatti. E il sogno, secondo i più recenti studi, risulta più importante del sonno medesimo, per il nostro equilibrio psicofisico.

Del sogno ne parla, in questo numero, il nostro collaboratore Cutolo. Quello che a noi più interessa, sono le implicazioni paranormali. Chi di noi, infatti, non ha mai avuto l’esperienza di una precognizione, anche piccola e banale, ma talvolta anche importante e significativa, ricevuta in sogno? Per esempio, il ritrovarci nella realtà in una situazione già vissuta nel mondo onirico. Ma non solo.

Una mia lettrice di vecchia data, la Signora Luciana Osimani Fusini, anni fa perse il marito. Dopo un periodo di disperazione, trovò il conforto in molti "segni" che le suggerivano come il marito fosse ancora vivo, nella sua nuova dimensione. Ricevette soprattutto molti messaggi psicofonici (detti anche metafonici: "voci" captate con il registratore, insomma). Luciana ha raccolto la sua testimonianza in un libro, che ho ricevuto recentemente in omaggio, e del cui gesto colgo qui l’occasione per ringraziarla.

Un capitolo di questo libro è anche dedicato ai sogni. Subito dopo la sua dipartita, mio marito manifestò la sua presenza tramite tanti sogni significativi. Pensavo fossero frutto del mio subconscio, ma, leggendo il libro di Ernesto Bozzano "La crisi della morte", dissipai ben presto tali dubbi. La gentile Lettrice, poi, mi riporta indietro nel tempo, riportando nel suo volume una mia risposta di molti anni addietro, ma ancora attualissima.

I sogni, così scrivevo, costituiscono una via maestra, per molti aspetti profondi: dalle dinamiche psicologiche a quelle parapsicologiche, fino ad una sorta di "collegamento" con piani più sottili, dove non sono esclusi veri e propri messaggi inviatici dai nostri cari scomparsi. Penso che ciascuno di noi abbia avuto, almeno una volta, un'esperienza onirica chiara ed emotivamente coinvolgente, che possa essere considerata un contatto con un nostro caro.

Come la testimonianza della nostra autrice Strinati, sempre in questo numero della rivista. Oppure i cenni esposti nell’articolo della compianta collaboratrice Nacucchi, nell’àmbito delle identificazioni medianiche.

Feci circa 170 sogni – afferma invece Luciana Osimani – li registrai per ricordo. Ecco, uno dei primi giorni dalla sua dipartita: lo vedo vicino al mio letto, è in piedi, vestito con i suoi abiti, ha un atteggiamento frettoloso. Io mi siedo sulla sponda del letto, è davanti, cerca di accarezzarmi come in un saluto, si capisce che è atteso, che deve allontanarsi: io guardo sopra al suo capo e vedo a pochi metri come delle ombre che si muovono su e giù, ondulanti, e capisco che aspettano lui.

I sogni, quindi, ci sussurrano una speranza. E’ sempre la stessa, reiterata ma altalenante con il dubbio che ci assilla. E’ il tentativo di cogliere i segni di chi ci ha preceduto nella futura esistenza.

Stefano Beverini