Editoriale

Era entrato presto nel giro della droga: aveva solo otto anni quando iniziò a consegnare le dosi per gli spacciatori. In Brasile la vita non è facile, soprattutto quella di strada. In qualche modo, devi farti valere. A undici anni Neghigno era già un piccolo capo; ovviamente non sapeva leggere né scrivere, ma sapeva già usare la pistola, e ne portava una con sé.

Un giorno un suo amico perde alcune dosi di droga di cui lui era responsabile. Gli spacciatori gli diedero l’ultimatum: aveva ventiquattr’ore di tempo, o uccideva il suo amico, o doveva pagare le dosi, altrimenti era lui che sarebbe dovuto morire. Non aveva scelta, e non aveva neppure il danaro necessario.

Era disperato, e la sua disperazione lo costrinse a riflettere. Per la prima volta si sentì del tutto impotente di fronte agli eventi, e alla vita. Gli venne allora in mente una storia su un prete del quartiere che aiutava i ragazzi di strada, di una casa che li accoglieva. Vi andò, malvolentieri, ma non gli pervenne un’idea migliore.

Padre Renato ascoltò il suo racconto, non lo giudicò, gli diede i 125 reals per pagare le dosi, gli disse di restituire i soldi e la pistola, e di tornare da lui, nella Casa do Menor, per abitare con gli altri ragazzi che avevano deciso di cambiare la loro vita.

Neghigno non volle rifletterci ancora, lo fece e basta. Qualcosa lo spinse a farlo, quel qualcosa di indefinibile che nei momenti peggiori ti spinge verso una scelta giusta. Ora sa leggere e scrivere… "Adesso sto imparando a fare il tornitore e forse sarà un sogno, ma mi piacerebbe tanto fare l’educatore per aiutare i ragazzi che vivono nel traffico di droga, che rubano e spacciano e anche uccidono per poter sopravvivere. Nessuno si occupa di loro; non hanno mai provato, come è successo a me, a sentirsi amati. Sono convinti di non valere niente perché nessuno gli vuole bene; io lo so perché lo pensavo anch’io, prima di conoscere Padre Renato."

Questa non è una storia inventata, i nomi e i fatti sono reali.

Anche per molti di noi è capitato come la nostra disperazione ci abbia costretto a riflettere. Anche per molti di noi, la vita ci potrebbe porre di fronte a un bivio, o ad un baratro. Molti di noi potrebbero scrivere un’altra storia vera, su se stessi, ma in quanti casi con un "lieto fine"?

I nostri aguzzini non sono gli spacciatori, ma il destino stesso; è quello che ci ha riservato o che ci serberà la vita… E se nei momenti peggiori, nella solitudine morale, nella disperazione, sommessamente percepiamo qualcosa, quel "qualcosa" va ascoltato.

Stefano Beverini