Editoriale

Non sono trascorsi poi tanti mesi da quella terribile apocalisse, da quell’onda di morte dello tsumani. Migliaia i morti di allora, e non so se tra il momento in cui ora sto scrivendo e quello in cui leggerete questo editoriale, stampato e pervenuto nelle Vostre case, vi saranno state altre analoghe tragedie. Spero di no e di non essere smentito. Comunque altre grandi catastrofi naturali hanno mietuto un numero imprecisato di vittime in tempi relativamente recenti: in Cina e in Iran ci sono stati terremoti terrificanti con centinaia di migliaia di morti, come nelle alluvioni del Bangladesh, per citare tre esempi.

Ho atteso un po’ prima di scriverne; ho deciso di farlo, stimolato da un articolo sul tema di un nostro collaboratore, che si esprime in modo certamente inusuale. Ma il vero motivo scaturisce da una domanda ancora più terribile dell’infausto evento: Dio, dov’era?

E per una strana associazione mi sovviene quell’edificante film, trasmesso qualche mese fa in due puntate dalla Rai, sulla tremenda e inumana carneficina delle foibe, finalizzata all’eliminazione di ogni presenza italiana in Istria e in Dalmazia, epilogo di una guerra ormai conclusa: il cuore nel pozzo, interpretato, tra gli altri, da Leo Gullotta. Film che non sono riuscito a vedere, tranne qualche spezzone, impedito dalla mia emotività. La stessa domanda: Dio, dov’era?

Ancora, un’altra associazione più lontana nel tempo, quando ero un ragazzo: una canzone non ricordo se di Guccini o dei Nomadi, ma comunque cantata da entrambi, che diceva nei campi di sterminio Dio è morto… Rievocazione dei fatti di Auschwitz.

Potremmo menzionare tanto d’altro. Ma non occorre andare lontano, o indietro nel tempo. Ognuno di noi ha vissuto almeno una tragedia sulla propria pelle, nella quale si è strozzata in gola la medesima domanda, rischiando di soffocarci, di uccidere la nostra speranza nello Spirito.

Perché il Signore sembra assente? Sembra disinteressarsi delle atrocità e delle nefandezze? Perché permette che i buoni siano perseguitati e i malvagi premiati?

Ci vergogniamo di queste domande, ci appaiono quasi come bestemmie. Il porcele è un po’ come bestemmiare… E allora proviamo a pregare con maggiore assiduità, ma il Signore sembra non ascoltarci… Sembra osservarci con distacco, e raramente permette un’eccezione, un miracolo.

Ci consola però il pensare che siamo in buona compagnia: Cristo medesimo, nel suo calvario, gridò Signore, perché mi hai abbandonato? Persino Lui, che molti insegnano esserne il figlio, non fu immune dall’angoscia di questa terribile domanda.

Ma forse noi vediamo solo il lato materiale delle cose. Noi, come ho già detto in altra occasione, fatti di carne destinata a marcire; e perdonatemi la crudezza del mio dire. Lo spirito, quello non muore né soverchiato da un’onda anomala, né precipitato in un pozzo, né avvelenato da un gas. L’umanità è messa alla prova da indicibili sofferenze, ma l’uomo non muore.

Questa è la nostra speranza! Questo è quello in cui speriamo e in cui crediamo, senza averne certezza, ma consapevoli che solo quando rinunceremo a questa speranza saremo veramente morti, anche nello spirito.

Stefano Beverini