Editoriale

Non molto tempo fa, a Milano, l’opinione pubblica venne giustamente scandalizzata per la scarcerazione di un assassino, avvenuta dopo un periodo di carcere relativamente breve, con la motivazione che l’omicida era gravemente ammalato. In quel periodo, in una intervista rilasciata da un altro illustre carcerato, questi da moltissimi anni e per motivi prettamente politici (anche se le sue condizioni fisiche non sono "del tutto ottimali"), veniva ricordato il fatto. Quello che mi colpì non furono i discorsi sulla legittimità dell’evento, o sul merito della sconcertante decisione del magistrato competente: nell’intervista veniva posto in risalto un aspetto marginale, ma per me estremamente significativo e importante. Un fatto di cui l’intervistato rendeva testimonianza.

Si trattava di questo. Quando l’omicida lasciò il carcere, nessuno lo volle accogliere (e ritengo giustamente). Parenti prossimi, non ne aveva più. Gli rimaneva solo una sorella. Una sorella che mai lo giustificò, mai approvò quel gesto criminale… ma era stata l’unica che non gli aveva fatto mancare il conforto di una visita in carcere. Per un solo motivo: era suo fratello. Fu l’unica ad accoglierlo, e dopo la scarcerazione lo ospitò nella sua casa. Senza parole di giustificazione, senza ipocriti pietismi. Lontana dalle telecamere, senza dichiarazioni ai giornali, in modo discreto, riservato…

Lui era veramente malato, e dopo poco tempo morì, di tumore. Ma il destino non si accanì contro di lui nella morte, perché non gli ha negato l’ultimo affetto: la presenza e la dedizione della sorella.

Ebbene, vi sono tanti altri casi nella vita, in cui non siamo né assassini, né delinquenti. Siamo semplicemente noi, con i nostri errori, i nostri dolori e le poche gioie: eppure, quante volte ci scontriamo con i nostri fratelli e sorelle per futili motivi, o per divergenze di opinione. O peggio, per interessi economici, anche per pochi denari. Quanti fratelli e sorelle non si parlano più! Eppure, sono stati concepiti, allevati ed educati dai medesimi genitori. Nemmeno per l’assassino è mancato l’affetto famigliare, e per un motivo semplice semplice: lei era sua sorella.

In questo numero, nell’inserto dedicato alla medianità, troverete alcuni brani medianici di fratelli che si cercano anche dopo la morte, di persone che cercano i loro fratelli e sorelle passati nell’altra dimensione, o viceversa, nella ricerca di un contatto con chi è rimasto su questa Terra.

Ma la questione vera, e più amplia, è il riuscire a "comprendere" chi ci sta a fianco, sia esso un fratello di sangue, o un "fratello" in senso cristico. La questione più profonda è riuscire ad annullare quella maledetta voce che ci dice che tutto quello che noi facciamo e pensiamo sia assolutamente giusto, e siano sempre gli altri a sbagliare. I nostri fratelli…

Stefano Beverini