Editoriale

Questa è immodestamente una rivista di cultura, anche se in buona parte "insolita", con i suoi tempi di lavorazione ben diversi da quelli del quotidiano o del periodico dinformazione, e pertanto un evento anche rilevante può essere commentato "a fatto compiuto", senza suscitare scandalo. Il rovescio della medaglia è rappresentato proprio dai citati tempi di lavorazione: quello che scrivo oggi verrà consegnato al compositore tra un mese, al tipografo tra due, e Voi lo leggerete tra tre mesi; e perciò a scrivere di "attualità" si corre anche il rischio di essere obsoleti, o peggio…

Non importa: voglio parlare della guerra. Su questo dramma che oggi, mentre scrivo, riguarda intanto gli iracheni poi vedremo chi altri, si sta consumando lennesima disputa ideologica per stabilire se attaccare Saddam sia di destra o di sinistra. Pur comprendendo il bisogno di sicurezza che, dopo l11 settembre 2001, attraversa il popolo degli Stati Uniti, non posso approvare lesito drammatico del braccio di ferro che si è instaurato. Purtroppo per gli abitanti di Bassora o Bagdad, per le donne e i bambini iracheni già provati dalla dittatura di Saddam e da anni di sanzioni economiche, il risultato non cambia. La guerra è guerra, nel senso vero e tremendo del termine, della responsabilità di chi la dichiara, delle tristi conseguenze per chi la subisce. Né pensiamo che serva più di tanto distinguere tra linterventismo di centrosinistra, modello Kosovo, dal finto interventismo di centrodestra, modello Iraq. E ogni nostra iniziativa personale e locale, purtroppo, non può incidere nella politica internazionale.

E le guerre nel mondo oggi sono tante, terribilmente cruente… Ma mi piace pensare che lo spirito che è in noi possa "ridere" delle guerre. Sì, avete capito bene! Come i bambini possono giocare alla guerra fingendo di colpire ed essere colpiti, e le madri non se ne preoccuperanno perché è solo un giuoco, così lo spirito immaturo, spiritualmente non evoluto, giuoca alla tragedia della guerra, con corpi orribilmente mutilati e dilaniati, e Iddio non se ne preoccupa, perché l’uomo è libero di commettere anche nefande crudeltà, ma tutto ciò non può ferire o uccidere lo spirito.

E lo spirito potrà comprendere gli errori fatti mentre osserva il proprio abito strappato, il corpo ormai abbandonato. Come esseri umani piangiamo, e ci disperiamo. Come spiriti, forse ne sorrideremo, come sorridiamo pensando a qualche vecchia marachella di quando eravamo bambini

Stefano Beverini