Editoriale

 

Voglio correre il rischio di essere giudicato come assertore di luoghi comuni o, peggio, di quotidiane banalità. Ma sono "banalità" che ti creano un gran disagio interiore, un senso di insofferenza che ti sprona a dire, con l’illusione che il parlarne possa servire a qualcosa, a qualcuno…

E mi riferisco soprattutto ai giovani: di fronte a loro mi rendo conto di come sia difficile, quasi impossibile, il dialogo tra generazioni. Così è stato per me, con genitori che considero siano stati ottimi con tutti i loro difetti. Ma ci siamo compresi poco. Penso anche di essere cresciuto ormai in altri tempi, sebbene la mia età non sia certamente veneranda.

Ma rispetto ad allora, dalla fine degli anni Cinquanta, oggi è diverso: oggi assistiamo allo spettacolo di una società tutta dominata dalle ciniche leggi di mercato. Una società che crea modelli di riferimento praticamente irraggiungibili, vuoti di profondi contenuti. Dove film di cassetta esaltano morbosamente la violenza o semplicemente la prevaricazione. Dove altere top model, attori di telenovele, veline e vallette varie ostentano bellezza e glamour attraverso gli schermi e le riviste di moda, alimentando la fabbrica dei sogni e delle illusioni.

Sono purtroppo convinto che la società tecnologicamente progredita stia effettivamente sgretolandosi sotto il peso del dilagante egoismo. In quelle città che inquinano fisicamente e psicologicamente gli orpelli e l'ostentazione contrastano con la miseria fisica e morale, sempre in aumento. Sembra proprio che il desiderio di danaro e l'arrivismo dominino incontrastati, a scapito degli ideali e della spiritualità.

La "sfida" più dura, per i giovani d’oggi sommersi da miriadi di "bit informativi", probabilmente è il riuscire a pensare con la propria testa, a ragionare in modo autonomo, indipendente e originale rispetto ai condizionamenti dell’ambiente che li attornia, o che si frequenta. Penso di non "scoprire l’acqua calda" nel dire che quello che manca, spesso, è un qualcosa che dia significato alla vita, qualcosa che "completi dentro", o che semplicemente renda contenti di ciò che siamo, o che facciamo…

Può darsi che, in questo mondo che cambia così in fretta, nuovi valori abbiano preso il posto di quelli passati. Peccato non vederli! E forse è anche per questo che è così difficile il dialogo tra generazioni: ognuno vede ciò che lo circonda.

Giambattista Vico teorizzava che nella storia delle civiltà si sono alternati apogei culturali ed elevate strutture sociali, con periodi di involuzione e di barbarie. Analogo concetto si ritrova in varie correnti filosofiche, esoteriche e mistiche. Ma non tutto è da stigmatizzare; qualche spiraglio esiste ancora...

Su una cosa non ho dubbi, e spero di non essere presuntuoso nell’affermarlo: in questa crisi generalizzata di contenuti profondi, penso che la nostra rivista possa, nel suo piccolo, far recuperare un poco di quel senso di spiritualità che per molti è un "corpo estraneo" da estirpare, e per altri rappresenta quel qualcosa di sconosciuto da cui fuggire, o semplicemente ignorare.

Stefano Beverini